venerdì 30 settembre 2016

Grado Tecnologica e Verde - Variante Alberghi

LA VARIANTE ALBERGHI

In Comune si discute da luglio sulla necessità di una variante alberghi e sui limiti da imporre in altezza onde evitare edifici troppo altri per la città.
Preciso che non sono mai stato dell'idea che parametri quantitativi (altezze massime, metri cubi realizzabili, distanze…) possano garantire una qualsiasi qualità architettonica: non è così che si fa architettura di qualità, ma tramite idee e persone che siano in grado di produrle. Mi dichiaro inoltre aprioristicamente contrario agli sviluppi in altezza degli edifici nella nostra cittadina.

Grado è situata tra la laguna e il mare, nel mezzo di ambienti naturali eccezionali, con vista sul golfo di Trieste, Carso e Alpi; insomma una posizione incredibilmente bella ed esclusiva.
Gli ambienti di Grado sono quello che una volta si sarebbe riconosciuto come zone a “vocazione parco”, come area esclusiva e ricca sia per i valori naturalistici, che estetici ed antropici.

Legambiente a luglio ha organizzato una bella iniziativa, una delle tante, per conoscere meglio il nostro ambiente. Durante gli incontri è stata citata una frase famosa di Alex Langer per un nuovo modello di vita: “più lento, più profondo, più dolce”. Vorrei tener presente questa frase per la breve riflessione che vorrei fare.

Una variante urbanistica (nello specifico per gli alberghi di Grado) per limitare le altezze credo sia utile: ho votato contro l’espansione verticale fin dalla prima variante Marin.
Personalmente sono dell’idea che Grado, essendo virtualmente e non solo all’interno di un “ambiente-parco”, con valori unici, debba rimanere “morbidamente” distesa tra i suoi dossi, o su quello che ne rimane.

Non voglio perdermi in giustificazioni strutturali sulla non opportunità di fondare grattacieli sul fango (non sono un esperto e non voglio rischiare quindi di dire inesattezze perché una qualche soluzione tecnica ci sarà sicuramente per palazzi di trenta piani da appoggiare nel fango del sottosuolo di Grado), ma mi domando che senso abbia realizzare edilizia verticale, che è sempre “più aggressiva e più speculativa”, in un ambiente come il nostro dove dovrebbe prevalere l’inserimento ambientale, l’utilizzo di energia pulita, il rispetto delle dinamiche naturali, uno sky line pulito: abbiamo già dato.
A mio modesto parere Grado deve recuperare una dimensione più “soft”, puntando sulle peculiarità ambientali e storiche, su un turismo “più lento, più profondo, più dolce”: biciclette, convenzioni con il territorio esteso, servizi.

Quindi, per tornare a bomba, quale deve essere la misura più corretta per limitare le altezze e garantire a Grado una qualche qualità percettiva ? perché 18 metri e non 17 ? o 20 e non 19 ? quali sono i parametri certi per determinarle, se ne esistono?
Credo che se continuiamo a porre il problema in questi termini, come ne stiamo discutendo da un paio di mesi, non troveremo una soluzione ragionevole, perché non esiste una regola che lega qualità a quantità.

Forse converrebbe porci un’altra domanda: quanto durerà questa norma e come posso gestire al meglio le pressioni, anche legittime, in atto? Quanto durerà la nuova variante che avrà un tempo di gestazione e di avvio di forse un anno? Sicuramente, o meglio probabilmente, una volta in vigore, avrà valenza fino alla fine del mandato di questa amministrazione perché sul dopo-Raugna non possiamo sapere. Quindi 3-4 anni ? In quattro anni quanti alberghi saranno interessati dalla variante ? Pochi, forse solamente l’albergo del Castelletto: oggetto di riflessione già da parecchi anni, almeno dieci.
Proporrei per questi motivi un diverso approccio al problema:

1. per quanto riguarda la Variante alberghi, fin tanto che la norma che viene adottata, da qualsivoglia amministrazione comunale, non è frutto di riflessioni condivise a maggior ragione su temi quali “l’aspetto della città” e la “riqualificazione edilizia” (quando dico condivise mi riferisco alla cittadinanza, nelle sedi opportune) e soprattutto “guardando lontano “, quella norma molto probabilmente vivrà per il tempo di un progetto, per il tempo di un cambio di amministrazione e quindi troppo poco: i tempi dell’urbanistica sono molto più lunghi, i piani strategici vanno a maturazione come la vita di un uomo, in 15-20 anni. Perché non trovare il tempo per ragionarci a fondo ?

2. se il “problema” è Il Castelletto, non sarà un metro in più o in meno che assicurerà maggiore qualità al progetto, ma sarà il progetto stesso, studiato e meditato che ne determinerà la qualità architettonica ed urbanistica.
Sono stati presentati dalla proprietà due proposte, la prima di oltre sette piani lasciando il Castelletto intatto, la seconda “limitata” in altezza ma che lo scavalca, lo sormonta e ingloba.
Va detto che nutro qualche dubbio sul valore architettonico dell’edifico in questione che, personalmente e nella mia ignoranza, ha importanza unicamente per la memoria storica e quindi va tutelato come memoria e non come manufatto.

Ritengo con convinzione che in questo caso dovrebbe essere attuata una procedura pubblico-privato tra la proprietà dell’immobile e il Comune di Grado per avviare un nuovo metodo di lavoro, che abbia come obiettivo la riqualificazione architettonica e quindi turistica di Grado e non solo la soluzione di un problema edilizio che, se posto in termini di un metro in più o in meno è...irrisolvibile.

Progettiamo un edificio per ripensare la città.

Nell’arco di 10/12 mesi potremmo avere, tramite un concorso, a costi irrisori (ma non è questo il problema ora per le casse comunali), progetti di studenti, professionisti e università per la realizzazione di un albergo innovativo, che caratterizzi la città, magari a Energia zero e in Bioarchitettura, che sia quindi anche veicolo di promozione turistica e culturale per Grado: che salvi la memoria del nostro amato Castelletto integrandolo con la nuova struttura, ma anche con la diga e il tessuto urbano retrostante.

E’ il metodo che dobbiamo cambiare: non più un decisionismo che vuole essere a tutti i costi protagonista (e penso a tante amministrazioni e dirigenti ormai passati), ma un progetto urbano condiviso e a lungo termine, a strategie che vanno attuate nel tempo per uno sviluppo equilibrato del territorio.
Non sempre la buona volontà e le motivazioni oneste possono garantire automaticamente il risultato atteso.

La ricerca della qualità è sicuramente un processo più lungo e faticoso ma, voglio credere, non più rimandabile.
Dobbiamo cominciare a guardare avanti e questa amministrazione potrebbe farlo.






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