LA VARIANTE ALBERGHI
In Comune si discute
da luglio sulla necessità di una variante alberghi e sui limiti da
imporre in altezza onde evitare edifici troppo altri per la città.
Preciso che non sono
mai stato dell'idea che parametri quantitativi (altezze massime,
metri cubi realizzabili, distanze…) possano garantire una qualsiasi
qualità architettonica: non è così che si fa architettura di
qualità, ma tramite idee e persone che siano in grado di produrle.
Mi dichiaro inoltre aprioristicamente contrario agli sviluppi in
altezza degli edifici nella nostra cittadina.
Grado è situata tra
la laguna e il mare, nel mezzo di ambienti naturali eccezionali, con
vista sul golfo di Trieste, Carso e Alpi; insomma una posizione
incredibilmente bella ed esclusiva.
Gli ambienti di
Grado sono quello che una volta si sarebbe riconosciuto come zone a
“vocazione parco”, come area esclusiva e ricca sia per i valori
naturalistici, che estetici ed antropici.
Legambiente a luglio
ha organizzato una bella iniziativa, una delle tante, per conoscere
meglio il nostro ambiente. Durante gli incontri è stata citata una
frase famosa di Alex Langer per un nuovo modello di vita: “più
lento, più profondo, più dolce”. Vorrei tener presente questa
frase per la breve riflessione che vorrei fare.
Una variante
urbanistica (nello specifico per gli alberghi di Grado) per limitare
le altezze credo sia utile: ho votato contro l’espansione verticale
fin dalla prima variante Marin.
Personalmente sono
dell’idea che Grado, essendo virtualmente e non solo all’interno
di un “ambiente-parco”, con valori unici, debba rimanere
“morbidamente” distesa tra i suoi dossi, o su quello che ne
rimane.
Non voglio perdermi
in giustificazioni strutturali sulla non opportunità di fondare
grattacieli sul fango (non sono un esperto e non voglio rischiare
quindi di dire inesattezze perché una qualche soluzione tecnica ci
sarà sicuramente per palazzi di trenta piani da appoggiare nel fango
del sottosuolo di Grado), ma mi domando che senso abbia realizzare
edilizia verticale, che è sempre “più aggressiva e più
speculativa”, in un ambiente come il nostro dove dovrebbe prevalere
l’inserimento ambientale, l’utilizzo di energia pulita, il
rispetto delle dinamiche naturali, uno sky line pulito: abbiamo già
dato.
A mio modesto parere
Grado deve recuperare una dimensione più “soft”, puntando sulle
peculiarità ambientali e storiche, su un turismo “più lento, più
profondo, più dolce”: biciclette, convenzioni con il territorio
esteso, servizi.
Quindi, per tornare
a bomba, quale deve essere la misura più corretta per limitare le
altezze e garantire a Grado una qualche qualità percettiva ? perché
18 metri e non 17 ? o 20 e non 19 ? quali sono i parametri certi per
determinarle, se ne esistono?
Credo che se
continuiamo a porre il problema in questi termini, come ne stiamo
discutendo da un paio di mesi, non troveremo una soluzione
ragionevole, perché non esiste una regola che lega qualità a
quantità.
Forse converrebbe
porci un’altra domanda: quanto durerà questa norma e come posso
gestire al meglio le pressioni, anche legittime, in atto? Quanto
durerà la nuova variante che avrà un tempo di gestazione e di avvio
di forse un anno? Sicuramente, o meglio probabilmente, una volta in
vigore, avrà valenza fino alla fine del mandato di questa
amministrazione perché sul dopo-Raugna non possiamo sapere. Quindi
3-4 anni ? In quattro anni quanti alberghi saranno interessati dalla
variante ? Pochi, forse solamente l’albergo del Castelletto:
oggetto di riflessione già da parecchi anni, almeno dieci.
Proporrei per questi
motivi un diverso approccio al problema:
1. per
quanto riguarda la
Variante
alberghi, fin tanto che la norma che viene adottata, da
qualsivoglia amministrazione comunale, non è frutto di riflessioni
condivise a maggior ragione su temi quali “l’aspetto della città”
e la “riqualificazione edilizia” (quando dico condivise mi
riferisco alla cittadinanza, nelle sedi opportune) e soprattutto
“guardando lontano “, quella norma molto probabilmente vivrà per
il tempo di un progetto, per il tempo di un cambio di amministrazione
e quindi troppo poco: i tempi dell’urbanistica sono molto più
lunghi, i piani strategici vanno a maturazione come la vita di un
uomo, in 15-20 anni. Perché non trovare il tempo per ragionarci a
fondo ?
2. se il “problema”
è Il Castelletto, non sarà un metro in più o in meno che
assicurerà maggiore qualità al progetto, ma sarà il progetto
stesso, studiato e meditato che ne determinerà la qualità
architettonica ed urbanistica.
Sono stati
presentati dalla proprietà due proposte, la prima di oltre sette
piani lasciando il Castelletto intatto, la seconda “limitata” in
altezza ma che lo scavalca, lo sormonta e ingloba.
Va detto che nutro
qualche dubbio sul valore architettonico dell’edifico in questione
che, personalmente e nella mia ignoranza, ha importanza unicamente
per la memoria storica e quindi va tutelato come memoria e non come
manufatto.
Ritengo con
convinzione che in questo caso dovrebbe essere attuata una procedura
pubblico-privato tra la proprietà dell’immobile e il Comune di
Grado per avviare un nuovo metodo di lavoro, che abbia come obiettivo
la riqualificazione architettonica e quindi turistica di Grado e non
solo la soluzione di un problema edilizio che, se posto in termini di un metro
in più o in meno è...irrisolvibile.
Progettiamo un
edificio per ripensare la città.
Nell’arco di 10/12
mesi potremmo avere, tramite un concorso, a costi irrisori (ma non è
questo il problema ora per le casse comunali), progetti di studenti,
professionisti e università per la realizzazione di un albergo
innovativo, che caratterizzi la città, magari a Energia zero e in
Bioarchitettura, che sia quindi anche veicolo di promozione turistica
e culturale per Grado: che salvi la memoria del nostro amato
Castelletto integrandolo con la nuova struttura, ma anche con la diga
e il tessuto urbano retrostante.
E’ il metodo che
dobbiamo cambiare: non più un decisionismo che vuole essere a tutti
i costi protagonista (e penso a tante amministrazioni e dirigenti
ormai passati), ma un progetto urbano condiviso e a lungo termine, a
strategie che vanno attuate nel tempo per uno sviluppo equilibrato
del territorio.
Non sempre la buona
volontà e le motivazioni oneste possono garantire automaticamente il
risultato atteso.
La ricerca della
qualità è sicuramente un processo più lungo e faticoso ma, voglio
credere, non più rimandabile.
Dobbiamo cominciare
a guardare avanti e questa amministrazione potrebbe farlo.
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